L'incappucciamento
(nuca non punto più alto dell'incollatura, linea anteriore del muso dietro la
verticale) è stato condannato da tutti i grandi maestri del passato e, fino a
pochi anni fa, gravemente penalizzato nel rettangolo, fino a considerare un
cavallo incappucciato non meritevole di una sufficienza, penalizzandolo anche
nel terzo voto d'insieme delle riprese nel rettangolo,
"sottomissione".
Una volta (intendo ai tempi di La
Guérinère), quando gli studi di quella che sarebbe stata poi chiamata
"biomeccanica" non si potevano neppure immaginare, l'incappucciamento
era considerato una scorrettezza che metteva il cavallo in sottrazione dalla
mano, non permetteva che l'impulso dai posteriori (il motore) raggiungesse le
mani del cavaliere, annullava la tensione delle redini sulla quale agisce
resistendo opportunamente il cavaliere per non essere costretto a tirare sulla bocca,
rendeva il cavallo più difficile da montare in leggerezza, lo metteva
praticamente "in folle", come possiamo dire noi oggi sull'esempio
dell'automobile.
Oggi, con gli studi avanzatissimi di
biomeccanica, risulta che l'incappucciamento (ciò che gli antichi avevano
percepito solo con la loro sensibilità) ha conseguenze sulla postura generale
del cavallo, sulla sua locomozione e, quando è portato alla sua massima
espressione (rollkur), provoca danni fisici.
Tornando al caso suo e all'insegnamento del
suo istruttore, è evidente che è facilissimo, per dare una postura ritenuta
adatta o indispensabile al lavoro in piano (il "dressage"),
tenere con le redini la bocca di un cavallo in cui il collo non è stato
preparato, non ha muscolatura, è molle, fino a piegarlo, ma non tra la prima e
la seconda vertebra cervicale (articolazione atlanto-epistrofea; l'atlante è la
prima vertebra cervicale, l'epistrofeo o axis è la seconda), come vuole l'arte,
ma dopo e molto dopo, arrotolandolo e non flettendolo affinché funzioni come
una "molla vivente" (generale L'Hotte), la cui flessibilità accorda
con la bocca l'azione delle redini (Questioni equestri, pag.18). Ma,
scrive il generale L'Hotte, la perfezione del funzionamento delle molle non può
essere acquisita "che dopo aver disciplinato, plasmato i muscoli o, se si
vuole, le corde che li fanno muovere, e dopo averle accordate nella loro azione
combinata". E' evidente il riferimento alla musica e allo strumento
musicale da accordare, qual è considerato il cavallo, in questo caso.
Cosa vuol dire disciplinare e plasmare i
muscoli? Vuol dire che prima di ricercare la flessione di una articolazione, in
questo caso del collo, bisogna plasmare, sviluppare prima di tutto i muscoli.
Quando a Berna, tanti anni fa (1970), dove
sono andato per imparare da Henry Chammartin (veda su Google), ho montato per
la prima volta il suo Wolfdietrich, mi ha impressionato la robustezza del
collo. Era una specie di barra di timone, dritta e tesa, ma capace di flettersi
senza piegarsi per poi tornare immediatamente dritta non appena terminava
l'azione della mano.
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