giovedì 16 gennaio 2014

Potenza

Oggi ci sono in circolazione per concorsi nazionali e internazionali cavalli di molti mezzi, molto potenti, che hanno nei posteriori molto più di due metri. Con questi cavalli, data l’altezza considerevole che debbono superare e dato il modo in cui sono stati addestrati, il problema è uno solo: arrivare a prendere la battuta nel punto giusto. L’intervento regolatore è del cavaliere. L’occhio alla battuta – in genere, almeno nelle intenzioni - è del cavaliere. I cavalli hanno bisogno di una buona carica psichica e ottima e precisa rispondenza agli aiuti del cavaliere. La battuta giusta non è uguale per tutti i cavalli. La distanza dal piede dell’ostacolo, anche se si tratta di un muro, quindi di un dritto, può variare anche notevolmente. Anni fa mi sono dedicato a misurare le distanze dal piede di un muro alla battuta di vari cavalli che lo avevano superato netto a m.1.80. Andavano da m 2.50 a cm 80. I cavalli che battevano vicino erano meno potenti e in compenso molto agili. Sfruttavano la capacità come di arrotolarsi sulla sommità, senza alzare troppo la parte inferiore del torace rispetto alla sommità del muro. I cavalli molto potenti preferivano predere una battuta più lontana per non dover ricorrere alla loro agilità, piuttosto ridotta, e non davano prova di molta rotondità sull’ostacolo. Il cavaliere, quando conosce bene il suo cavallo e lo sa interpretare bene, cerca di prendere la battuta alla distanza che il cavallo preferisce. E’ una questione di sensibilità più che di occhio. Così il buon cavaliere che monta due cavalli diversi, si comporta in due modi diversi. Per esempio: Raimondo d’Inzeo in potenza ha montato (nella stessa gara) due cavalli diametralmente opposti: The Quiet Man e Posillipo. Il primo era un baione irlandese grande e pesante, piuttosto freddo, certamente non agile. Il secondo era un leggero sauro salernitano molto insanguato, agilissimo e di mezzi certamente inferiori al primo. Il cavaliere aveva due modi di “attaccare” l’ostacolo isolato (muro o triplice) completamente diversi e montava ciascun cavallo in un modo differente, ma sempre lo stesso con lo stesso cavallo.

   Colgo l’occasione per riferire a titolo di aneddoto le parole (pronunciate ai Pratoni del Vivaro nell’aula didattica la mattina del 30 settembre 1992 durante una visita a un corso istruttori che chi scrive stava dirigendo) del generale Antonio Gutierrez che, a Piazza di Siena (Roma), il 27 ottobre 1938, allora capitano, montando l’irlandese Osoppo, ex Frothblower, di proprietà dello Stato (Scuola di cavalleria), baio di altezza al garrese di m 1.79 e dell’età di 15 anni, in briglia (morso e filetto), superò una siepe inclinata dell’altezza di m 1.40 sormontata da otto grosse barriere rivestite di paglia che portavano l’ostacolo a m 2.44, conquistando il record del mondo di altezza che dopo undici anni fu battuto dal cileno cap.Arraguibel con m 2.47. Le parole del gen. Gutierrez non sono state registrate, ma assicuro che il loro senso è il seguente: “Avevo già vinto il campionato italiano di elevazione a m 2.20. Dalla giuria mi è stato domandato se volevo continuare e tentare i m 2.30. Mi sentivo molto bene e soprattutto sentivo il cavallo molto in palla. Ho risposto di si. Dal pubblico qualcuno ha gridato 2.40. La giuria mi ha interpellato. Ho accettato. L’ostacolo è stato alzato a m 2.40, ma siccome la barriera sembrava non arrivare esattamente a m 2.40, la giuria ha deciso di alzare ancora di un buco. Mentre trafficavano intorno all’ostacolo, sono andato nel campo di prova e ho lavorato al passo e trotto, facendo qualche alt. Poi un piccolo galoppo e alt. Poi mi sono rimesso al passo a redini lunghe. Quando il presidente di giuria mi ha chiamato, sono entrato in campo al passo, ho preso il trotto, poi il galoppo, mi sono diretto da lontano verso l’ostacolo a un galoppo deciso, ma controllato, senza alcun intervento delle mani, tenendo un contatto fermo e sempre uguale. Il cavallo ha preso la sua battuta. Al primo terzo della traiettoria ho alzato il braccio destro con la frusta, ma più per aiutare il mio busto ad avanzare che per il cavallo. Non ho toccato il cavallo. Tutto qui”. Ha finito con “tutto qui” il suo racconto. Il generale Gutierrez era un uomo ironico e simpatico, soprattutto dotato di molta autoironia. Ha accompagnato il racconto con gesti delle braccia molto eloquenti (avvicinamento e superamento). Lo stesso racconto lo può trovare a pag.421 e seguenti del libro del generale Mario Badino Rossi, Pinerolo, l’arte equestre italiana, la sua fucina, i suoi artefici, Tipografia dei padri Giuseppini, Pinerolo 1960.

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